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Trento, 31 marzo 2006
ECCIDIO DI KINDU, SCONFITTA L’INDIFFERENZA DELLO STATO
Marco Boato ha ridato voce ai 13 aviatori italiani
trucidati in Congo nel novembre 1961

dal Trentino di sabato 31 marzo 2006

Il 7 febbraio 2006 è stata definitivamente approvata dal Senato una legge che garantisce il risarcimento dei familiari superstiti delle vittime dell’eccidio di Kindu nel quale vennero trucidati, nel novembre 1961, 13 aviatori Italiani in missione di pace, sotto l’egida dell’Onu, tra i quali mio Padre il Serg. Martano Marcacci. Per 45 anni questa strage, perché di questo si trattò, era stata dimenticata e molti dei familiari\sopravissuti hanno speso impegno e tempo per vedere riconosciuti i propri diritti ma lo Stato si è sempre sottratto a questo impegno e le numerose leggi promulgate dagli anni 70 in poi ci escludevano sempre, il più delle volte per limiti temporali, dai benefici previsti. Io, quando mio Padre morì, avevo un anno. Come si può immagina re la mia infanzia non è stata facile, sono cresciuta senza pensare mai alle leggi e ai relativi possibili benefici.

Ma il 3 agosto 2004 venne pubblicata la legge 206. Questa legge riguarda il risarcimento delle vittime di terrorismo e stragi e dei familiari superstiti, a partire dal 1 gennaio 1961; il 2° comma del l’articolo 15 esclude gli eventi accaduti all’estero prima del 2003. Per la prima volta eravamo compresi nei tempi ma ancora una volta esclusi in quanto i nostri cari erano morti in trasferta. Per la prima volta, ormai quarantenne, sposata e con tre figli, ho provato un senso di rabbia profonda. Ho ripensato a tutte le difficoltà che io e mia madre, rimasta vedova a 20 anni (mio Padre quando morì ne aveva 27), abbiamo affrontato senza il sostegno di nessuno ho ricordato il progressivo distacco di coloro che all’inizio ci erano stati vicino e mi sono resa conto che lo Stato dopo averci abbandonate allora, adesso censendo le sue vittime ed escludendoci ancora, ci discriminava in modo inaccettabile aggiungendo al danno la beffa. Non ho mai chiesto niente a nessuno neanche quando ne avevo veramente bisogno e mai mi sarei azzardata a farlo, ma la discriminazione era un offesa per i nostri Padri che non potevo accettare. E ho deciso di combattere.

Scrissi pertanto alle massime autorità dello Stato e a molti degli Onorevoli e Senatori che avevano contribuito alla stesura e all’approvazione della 206 manifestando tutti i miei sentimenti.

Mi scuso per questo preambolo forse troppo lungo ma indispensabile per raggiungere il fine cui mira questa lettera. Non mi dilungo sugli eventi strani, intensi e contraddittori che si sono succeduti fino all’approvazione della legge che ci rende finalmente giustizia.

Scrivo solo ed esclusivamente per ringraziare e rendere merito alla persona che con la sua sensibilità e il suo impegno strenuo, unico fra i tanti nostri Onorevoli, Senatori, Ministri e Presidenti da me sollecitati, ha raccolto il mio sfogo e, cogliendone profondamente il senso, ha presentato una proposta di legge che facesse rientrare i superstiti delle vittime di Kindu fra i beneficiari della 206. Questa legge se non fosse stato per lui non solo non sarebbe mai stata concepita ma sicuramente non avrebbe visto mai la luce. Questa persona io non la conoscevo e ancora non ho avuto il piacere di incontrarla, solo ultimamente sono intercorsi contatti telefonici oltre che epistolari.

Scrivo contro la sua volontà, infatti non più tardi di pochi giorni fa, mi ha suggerito come, per ovvi motivi di opportunità, sarebbe stato meglio che io non facessi quello che invece volevo fare e sto facendo. Mi scuso con lui ma ho riflettuto a lungo e ho deciso di non ascoltarlo perché da questa mia lettera la politica è lontana mille anni luce mentre i sentimenti di affetto e riconoscenza la devono riempire completamente e in maniera esclusiva. Ho pensato che sarebbe stato ingiusto non dare modo di sapere alle persone che vivono nella vostra bella terra che fra coloro che li rappresenta c’è questo uomo, veramente Onorevole, che ha ridato voce anche se per pochi giorni, a 13 giovani Italiani morti in Africa, che in un attimo hanno perso quanto di bello può donare la vita, prima fra tutto la gioia di vedere crescere i propri figli, e ha reso giustizia ai familiari che con loro hanno perso parte di sé. I tardivi benefici economici sono nulla rispetto alla soddisfazione di avere sconfitto una volta per tutte l’indifferenza dello Stato a cui i nostri Padri donarono la vita e alla gioia di risentire le voci degli altri familiari che mi chiamano increduli per quanto accaduto. Per tutto questo, caro Onorevole Marco Boato, io la ringrazio con tutto il cuore anche a nome di tutti i familiari dei Colleghi di mio Padre e Le dico che anche Lei, forse, non si rende conto di quello che ha fatto.

Sabrina Marcacci, Pesaro

 

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